Immanuel Kant, nato nel 1724 a Königsberg, è uno dei filosofi più influenti dell’Illuminismo. La sua filosofia è centrata sull’idea che la ragione è la fonte principale della conoscenza umana. Una delle sue opere più significative è la “Critica della ragion pura”, in cui esplora i limiti e le possibilità della conoscenza umana.

Kant sviluppa la sua teoria morale nell’opera “Fondazione della metafisica dei costumi”, introducendo il concetto di imperativo categorico, un principio etico che afferma che si deve agire solo secondo massime che si vorrebbero universalizzabili. Questo concetto sottolinea l’importanza della moralità basata sulla ragione e non sulle conseguenze delle azioni.

Biograficamente, Kant era noto per la sua vita metodica e disciplinata. Un aneddoto famoso racconta che gli abitanti di Königsberg regolavano gli orologi sulla base delle sue passeggiate quotidiane, tanto erano precise. Questo aneddoto esemplifica il suo rigore e la sua dedizione alla disciplina, che si riflettono anche nella sua filosofia morale, dove l’ordine e la coerenza sono valori fondamentali.

Kant non si è mai sposato e ha trascorso la sua intera vita nella sua città natale, dove ha insegnato e scritto fino alla morte nel 1804. La sua eredità filosofica continua a influenzare il pensiero contemporaneo, particolarmente nei campi della metafisica, dell’etica e dell’epistemologia.

Sulla sua tomba, Kant ha voluto l’epitaffio: “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me.” Questa frase riassume la sua visione del mondo, dove l’infinito e il sublime dell’universo si incontrano con l’intima consapevolezza etica dell’individuo.

La Critica della Ragion Pura

“La Critica della Ragion Pura” è un’opera fondamentale nella storia della filosofia, pubblicata nel 1781. Questo lavoro rappresenta un tentativo di rispondere alla questione di come siano possibili le conoscenze a priori, ossia indipendenti dall’esperienza. Kant distingue tra giudizi analitici e giudizi sintetici, ponendo particolare attenzione ai giudizi sintetici a priori, che sono fondamentali per la conoscenza scientifica.

Uno dei passi più importanti è la distinzione tra fenomeno e noumeno. I fenomeni sono le cose come appaiono a noi attraverso le nostre intuizioni sensibili, mentre i noumeni rappresentano le cose in sé, che restano inconoscibili. Kant introduce il concetto di “rivoluzione copernicana” nella filosofia: anziché il soggetto conoscere l’oggetto, è l’oggetto che si conforma alle condizioni del soggetto.

Un altro punto cruciale è la struttura delle categorie dell’intelletto, che sono schemi mentali innati che organizzano l’esperienza sensibile. Kant distingue anche tra estetica trascendentale (che riguarda lo spazio e il tempo come forme a priori dell’intuizione) e analitica trascendentale (che riguarda le categorie).

La Critica della Ragion Pratica

“La Critica della Ragion Pratica”, pubblicata nel 1788, espande il lavoro di Kant nel campo dell’etica. Qui, Kant esplora la possibilità della libertà umana e della moralità, introducendo il concetto di imperativo categorico, che è una legge morale universale che agisce come principio guida dell’azione etica.

L’imperativo categorico si esprime in diverse formulazioni, la più conosciuta delle quali è: “Agisci solo secondo quella massima per cui tu possa al contempo volere che diventi una legge universale”. Kant sostiene che la moralità non può basarsi su inclinazioni o conseguenze, ma deve essere guidata dalla ragione pura pratica.

Un altro concetto importante è quello dell’autonomia della volontà, che implica che la legge morale debba essere autoimposta dalla ragione stessa, piuttosto che derivata da influenze esterne.

La Critica del giudizio

pubblicata nel 1790, rappresenta la terza delle sue grandi critiche. In questo lavoro, Kant esplora il rapporto tra la facoltà del giudizio e le altre facoltà cognitive umane, cercando di collegare il mondo fenomenico della natura con quello noumenico della libertà.

L’opera è suddivisa principalmente in due parti: la Critica del giudizio estetico e la Critica del giudizio teleologico. Nella parte estetica, Kant analizza il concetto di bellezza e il sentimento del sublime, affermando che il giudizio estetico è disinteressato e universale, ovvero non dipende da interessi personali e può essere condiviso da tutti. Egli introduce il concetto di “gioco libero delle facoltà”, dove immaginazione e intelletto si armonizzano senza un fine determinato.

Nella parte teleologica, Kant affronta la questione della finalità nella natura, discutendo se sia lecito considerare gli organismi viventi come dotati di un fine intrinseco. Qui, Kant distingue tra giudizi determinanti e giudizi riflettenti, sottolineando che, mentre i primi si basano su leggi date, i secondi cercano di trovare un principio unificante senza avere una legge predeterminata.

La “Critica del giudizio” è fondamentale per comprendere come Kant cerchi di unificare la sua filosofia, proponendo una mediazione tra la sfera della conoscenza e quella della morale, e ponendo le basi per lo sviluppo successivo dell’estetica e della filosofia della natura.

Il Concetto di “Io Penso”

Il concetto di “Io penso” è centrale nella filosofia kantiana, in particolare nella “Critica della Ragion Pura”. Si riferisce al “cogito” cartesiano, ma Kant lo usa per sviluppare la sua teoria della soggettività. L’ “Io penso” è l’appercezione trascendentale, ovvero la consapevolezza di sé che accompagna tutte le rappresentazioni. È una condizione necessaria per la possibilità dell’esperienza, poiché unifica le intuizioni e le percezioni sotto la coscienza del soggetto.

L’ “Io penso” è un punto di riferimento per l’unità della coscienza, ma, secondo Kant, non fornisce conoscenza del sé come noumeno. È un principio formale che non ha contenuto empirico, e quindi non può dirci nulla sull’essenza della persona al di là della fenomenologia dell’esperienza.